Eppure molti studi, condotti rigorosamente, dimostrano che la mancanza di prove da affrontare, l’ambiente eccessivamente protettivo nell’infanzia, non crea persone più serene o più felici perché è solo affrontando i draghi che impariamo a valutare, consolidare e aumentare la nostra forza e le nostre sicurezze.
Tuttavia ciò che mi preme, qui e ora, non è disquisire sul destino che ci mette di fronte molte o nessuna prova, né discutere sull’educazione che i genitori dovrebbero dare ai propri figli.Oggi voglio parlare di quelle persone che hanno incontrato il drago, e nonostante questo si mantengono innocenti: si bloccano nel percorso di elaborazione dell’esperienza alla fase di innocente.
Può sembrare improbabile, anche impossibile: chi incontra un drago lo vede! O no?Chi si blocca nell’archetipo dell’innocente potrebbe anche non riconoscere il drago. Potrebbe averne una percezione confusa. Potrebbe negare l’esistenza del drago.
Perché la definizione di innocente è nei confronti dello specifico drago che deve (dovrebbe) affrontare, non in senso assoluto. Ed ecco allora persone che scivolano dalle difficoltà: non fuggono (sarebbero viandanti), ma scivolano. Negano i problemi, e soprattutto negano le esperienze problematiche. Non temono nulla, loro. E quindi non hanno alcuna compassione per le paure degli altri.Non hanno messo alla prova la loro forza, non hanno superato ostacoli. A volte hanno atteso che altri rimuovessero i loro ostacoli. Più si parla del drago, più lo negano e lo rinnegano. E, se messi alla strette, sono bravissimi a mascherare qualcosa da drago.
Affrontare il drago vuol dire mettersi in discussione, quindi loro non lo fanno mai. Spesso non c’è cattiveria, ma può esserci una sorta di superficialità.A volte potete riconoscerli dalle esperienze ripetitive: voi le vedete, ma loro no. Ripetono gli stessi percorsi, gli stessi meccanismi, perché la vita continua a riproporgli il drago, in diversi modi, a tempi diversi, finché si decidono a vederlo, riconoscerlo e affrontarlo.