Prototipare

Un brutto neologismo, che non compare nei dizionari, con un bellissimo significato, spesso frainteso

Che ogni lingua, italiano compreso, sia e debba essere viva, accogliere nuovi vocaboli per esprimere nuovi concetti è un dato di fatto, e per quanto io ami l’italiano, e trovi orribili alcune modifiche che fanno alla nostra nella lingua, devo accettarlo.

Prototipare, al momento, non compare sul dizionari della Treccani e in realtà persino Google non riconosce il vocabolo, se non come termine usato nei post e nei blog, e rimanda a prototipo.

È ovvio che prototipare sia un verbo che significa fare un prototipo: è lampante.

Il problema è cosa significhi, per le persone comuni, fare un prototipo, quando farlo e perché.

Per quanto ne so, ma potrei sbagliare, il termine compare nel gergo comune ad opera dei formatori, e ancor più dei facilitatori, nell’accezione di “primo approccio al cambiamento” o, ancor meglio, “sperimentare qualcosa di assolutamente nuovo”. Peraltro la versione inglese del vocabolo (anch’essa inesistente nei dizionari di inglese) è la trasformazione del termine prototipo in verbo, esattamente come in italiano, e compare, sotto forma di gerundio, nella Theory U e in altri approcci al cambiamento. Si prototipa al termina di una lunga serie di passaggi in cui ciascuno osserva il mondo con occhi nuovi, si lascia alle spalle convinzioni, modelli mentali, abitudini e, a maggior ragione, pregiudizi, entra in contatto poi con la parte più profonda di sé (e dell’Universo) ed emerge con una sorta di nuovo sé che, ovviamente, comporta nuove idee e nuovi approcci al pensiero e all’azione.

Ecco, ora è pronto per prototipare, cioè sperimentare il nuovo. Tuttavia non si butta a capofitto, ma prova, corregge, si tiene sempre pronto a rivedere il pensiero e l’azione fino a trovare un nuovo percorso che si avvicini maggiormente alla connessione con se stessi e il mondo intero.

Insomma, prototipare è una cosa seria, che coinvolge tutto il nostro essere.

Ed è un processo lento.

Peccato che alcuni, nella frenesia della globalizzazione e del mondo a velocità supersonica, lo interpretino come la libertà di buttarsi a capofitto nell’approssimazione, nel tentativo.

Così parla di prototipazione chi mette in commercio smartphone che esplodono, auto con sistema frenante che non funziona o manager che buttano tutto l’esistente per tentare con qualche soluzione improvvisata e che, puntualmente, si rivela inadeguata o dannosa.

In pratica, il vocabolo non mi piace, ma il concetto e il percorso sì, e mi piacerebbe che molti rampati, politici o manager, si dedicassero davvero a prototipare invece di lanciare strane campagne per il fertility day o riciclare ponti sullo stretto di Messina, per limitarmi ad accennare ai fatti più noti.