Andiamo a bordo, ?

Tutta la settimana è stata invasa dal tormentone del “vada a bordo, cazzo” del ben noto colloquio in occasione del naufragio
Sono giorni e giorni che, dopo il naufragio della nave della Costa crociere, subiamo il tormentone. Qualcuno ha addirittura creato, con successo economico, le magliette con la scritta “vada a bordo, cazzo”. Abbiamo scoperto il valore della responsabilità, e chiamiamo eroe chi sente la responsabilità, e tenta di ricordarla agli altri. Nulla da dire: De Falco è un grande uomo. Ma questo tormentone, e le relative discussioni in merito, mi inducono qualche riflessione.
  • Quante volte, in situazioni diverse, per motivi diversi, siamo pronti a sollecitare gli altri ad andare a bordo, e magari non ci accorgiamo che siamo proprio noi quelli che non stanno salendo a bordo?
  • Quante volte ci incazziamo, e giustamente, perché nessuno ci salva dal naufragio, ma contemporaneamente siamo noi i primi a non partecipare?  
Questo vale in tutti i campi, nel sociale come nel personale, nella salute come nel lavoro. Ci incazziamo perché il partner non ci aiuta, ci lamentiamo perché gli amici ci trascurano, condanniamo i condomini perché poco educati, diamo le colpe del nostro malessere alla mamma, agli insegnanti delle scuole elementari, al capo, al crudele destino. Certo, i motivi sono tanti, le sfumature infinite. Ma intanto che guardiamo le diverse trasmissioni, intanto che indossiamo la maglietta, intanto che riascoltiamo la telefonata, intanto che Vespa prepara il plastico della nave, ben sapendo che la subiremo per i prossimi mesi, proviamo a cambiare slogan. Andiamo a bordo, cazzo!