I regali delle crisi

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori
Quando le cose vanno storte è una ben magra consolazione, eppure è proprio il superamento de momenti difficili che ci fa diventare migliori.
Che i momenti di crisi ci facciano crescere e diventare migliori non è solo una frase fatta, un modo di dire scontato, o una forma di consolazione per chi sta male. È una realtà. Ma non vale per tutti. Perché non è l’esperienza quello che conta, ma come usiamo e metabolizziamo l’esperienza. Conosco persone che sanno trarre insegnamenti da tutte le loro esperienze, belle e brutte. Conosco invece persone che non riescono a trarre alcunché, rimangono semplicemente bloccati. Luisa (ma non è questo il suo nome) ha avuto un’infanzia difficile dal punto di vista affettivo. I genitori desideravano sopra ogni cosa la sicurezza economica, per se stessi e per le loro figlie, al punto da giudicare gli altri in base all’unico parametro del successo economico che sapevano raggiungere. Luisa ha sofferto, e non è mai andata oltre la sua sofferenza. Non ha mai metabolizzato l’esperienza. A distanza di decine di anni ripete, ancora e sempre, le stesse frasi, si ammanta della stessa immutabile sofferenza. Lamenta la sua solitudine, e non si accorge di essere lei stessa a tenere lontane le persone, con diversi meccanismi ormai consolidati e immutabili. Giorgia ha avuto difficoltà familiari, serie. Lei e la sua famiglia hanno avuto anni difficili. Ha reagito raccontandosi di essere più forte di chiunque e di qualunque cosa. Non ammette, per se stessa, dolore o debolezze. Ha girato le spalle drasticamente alle difficoltà, fingendo di non vederle e di poterle sconfiggere facilmente, a occhi chiusi. Oggi, a distanza di anni, pretende di gestire la vita di tutti gli amici, impartendo consigli non richiesti, dando ordini, rifiutando qualunque debolezza, sua e degli altri. Andrea dichiara di non aver mai sofferto, eppure tutti sappiamo di problemi che ha dovuto affrontare sia a livello personale che familiare. Ha operato una drastica, e molto abile, rimozione della sofferenza, al punto da non saper neanche più riconoscere la felicità come contrasto al dolore. Modalità di reazioni diverse, meccanismi diversi, che sono però accumunati dalla non gestione dell’esperienza difficile, che non è stata metabolizzata come apprendimento e risorsa, ma vissuta solo come negatività da cui rimanere invischiati.